Negli anni abbiamo sviluppato l’idea secondo la quale in farmacia si può fare tutto, essere tutto e tutto contemporaneamente: taglio molto commerciale con ampio spazio per il self-service, listino delle autoanalisi, intere pareti dedicate alla cosmetica e gondole di bottiglie per l’acqua riutilizzabili, calzature, giocattoli, e gadget o articoli regali di ogni genere e specie.
Naturalmente, c’è anche il banco delle prescrizioni, un po’ in fondo e raggiungibile solo dopo un percorso tortuoso fra espositori colorati, accessibile solo previo bigliettino conta persone in modo che, nell’attesa di essere serviti, il cliente possa guardarsi in giro e dar sfogo ad ogni desiderio o capriccio.
E’ tutto molto bello e sicuramente rende anche moltissimo, non lo metto in dubbio; quello che però so per certo è che in strutture come queste al paziente non viene neppure in mente di affidarsi alla competenza e alla professionalità del farmacista per la gestione della propria terapia; tantomeno si fida di lui quando si devono affrontare questioni delicate e complesse come possibili interazioni farmacologiche, reazioni avverse o segnalazioni di farmacovigilanza.
Forse non è neppure un problema di sfiducia, semplicemente non sembra essere il luogo adatto per affrontare temi delicati e il farmacista non dimostra di avere sufficiente tempo e disponibilità da dedicare a problemi difficili da definire e ancor più da capire.