Caro Farmacista,
esiste un punto di contatto tra vincoli e abitudini: quanti di noi, infatti, confondono i vincoli oggettivi di una situazione, di un contesto, di un problema con le abitudini, le proprie personalissime abitudini che aiutano e condizionano la nostra vita?
Le abitudini, infatti, sono frutto di un meccanismo mentale utilissimo, rappresentato dalla “generalizzazione”: se abbiamo imparato a guidare l’auto, non siamo più coscienti (quindi non prestiamo più grande attenzione) della necessità di cambiare marcia; è sufficiente percepire i giri del motore o verificare le condizioni stradali perché istintivamente adottiamo il comportamento più opportuno. Così la mente può dedicarsi ad altro, a nuove percezioni, magari ad un improvviso imprevisto.
Purtroppo, però, tale utilissimo meccanismo ha un suo risvolto negativo quando la ripetizione meccanica di un movimento, di un’espressione, di un modo d’essere della persona la rendono schiava, cioè non più libera nel discernimento e incapace di cambiamento: ecco, l’abitudine è diventata un vincolo nella mente di quell’individuo.
Qual è la prima conseguenza di questa situazione (ancor più facile a verificarsi con l’avanzare dell’età!)?
È definita GIUSTIFICAZIONE: il meccanismo che si innesca quando ciascuno di noi confonde un vincolo oggettivo con un’abitudine di cui resta schiavo è proprio la giustificazione, la ricerca spontanea di un motivo esterno alla nostra volontà che spiega la realtà circostante, la nostra condizione, gli avvenimenti del mondo; presentandoli come definitivi ai nostri occhi rendendoci progressivamente incapaci di incidere sul contesto in cui maturiamo le nostre esperienze e annullando la nostra volontà!
Lascio a voi giudicare gli effetti devastanti in un contesto lavorativo, in un’organizzazione, in un processo di cambiamento o nella definizione di nuovi obiettivi e strategie che coinvolgano una o più risorse…